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Cronaca dei Carabinieri su Taranto e Brindisi

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Carabinieri della Stazione di Pulsano (Ta), durante un servizio di prevenzione e repressione dei reati in materia di armi, hanno arrestato, per detenzione illegale di armi, munizionamento e per alterazione di arma comune da sparo, un 45enne, operaio, incensurato, del posto.
I militari, avendo fondato motivo di ritenere che il 45enne potesse detenere illegalmente delle armi, hanno deciso di procedere ad una perquisizione domiciliare; l’attività non ha tardato a dare i suoi frutti in quanto, dopo aver accertato la presenza in casa del soggetto, che alla vista dei Carabinieri palesava uno strano nervosismo, durante le operazioni, i militari rinvenivano, occultati in un divano letto posto nella camera matrimoniale, un fucile con canna e calciolo mozzati, avente marca e matricola abrasa, tre pistole scacciacani, due delle quali complete di serbatoio, prive di tappo rosso o parzialmente rimosso, l’altra con tappo oscurato, priva di serbatoio, un coltello a serramanico della lunghezza complessiva di 20 cm, venti cartucce cal. 7,65 ed una cartuccia cal.12, il tutto sottoposto a sequestro.
Il fucile sarà inviato al R.I.S. di Roma, per essere sottoposto ad accertamenti, balistici, dattiloscopici e biologici, finalizzati a verificare se è stato utilizzato per la commissione di reati.
Il 45enne, arrestato in flagranza di reato, terminate le formalità di rito, su disposizione del Sostituto Procuratore di turno, presso la Procura della Repubblica del Tribunale jonico, veniva tradotto presso la Casa Circondariale di Taranto.

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Presso lo scalo aereo di Roma Fiumicino, con volo proveniente dalla Spagna luogo dell’estradizione,  è giunto un 39enne albanese, al quale i Carabinieri del Nucleo Investigativo di Brindisi   hanno notificato un “ordine di esecuzione per la carcerazione” emesso dalla Procura Generale presso la Corte d’Appello di Lecce, in quanto dovrà espiare la pena di 22 anni di reclusione  per l’omicidio di un connazionale avvenuto in Fasano. All’epoca il grave fatto di sangue, per l’efferatezza con cui venne commesso, suscitò sgomento e viva preoccupazione nella comunità fasanese. Fra 4 giorni saranno trascorsi esattamente  20 anni da quel 1° agosto 1998 quando alle 20.30 giunse una telefonata ai Carabinieri di Fasano da parte dei sanitari del locale ospedale che comunicavano che era stato lì condotto un cittadino extracomunitario,  probabilmente albanese, in stato di coma, in conseguenza di un “trauma cranico encefalico commotivo” provocato da  un cacciavite. Il ferito venne subito trasferito nell’ospedale “Di Venere” di Bari, a causa della gravità delle lesioni. Le indagini, avviate dai Carabinieri della Compagnia di Fasano, si orientarono sin da subito verso la comunità degli albanesi del luogo al fine di identificare il ferito e ricostruire la vicenda. Infatti, portarono all’identificazione di un amico  della vittima, che con l’ausilio di un interprete rilasciò le prime dichiarazioni grazie alle quali fu possibile localizzare un casolare abbandonato in contrada Gravinella in agro di Fasano, dove furono recuperati documenti che dimostravano il passaggio della vittima da quel luogo. Si trattava di un ricovero di fortuna  perché all’interno i Carabinieri rinvennero un giaciglio e un borsone contenente indumenti personali e documenti che risultarono essere quelli della vittima, deceduto  a seguito delle lesioni dopo 18 giorni dall’aggressione precisamente il 19 agosto 1998. L’amico della vittima testimone oculare dell’evento venne minacciato con una pistola dall’omicida poiché aveva tentato di fermarlo per impedirgli di continuare l’aggressione all’amico. Grazie alle sue indicazioni fu  possibile ricostruire tutte le fasi della vicenda  e, soprattutto, il movente e le circostanze in cui era maturato il grave delitto che sconvolse l’opinione pubblica fasanese per la brutalità con cui era stato commesso. Dal racconto del teste  emerse così che il 1° agosto, verso le ore 13.00, giunsero nell’abitazione di questi in Fasano,  la vittima  e colui che di lì a breve sarebbe diventato il suo omicida, che già stavano litigando in maniera violenta in quanto si contendevano l’utilizzo di un piccolo casolare rurale. Dopo alcune ore, nel pomeriggio dello stesso giorno, la vittima,  usciva dall’abitazione dell’amico per effettuare una telefonata  ai parenti in Albania dalla cabina telefonica posta nella zona. Il padrone di casa, testimone degli eventi, preoccupato che il litigio tra i due potesse continuare per strada dopo pochi minuti, decideva di raggiungere  la cabina telefonica dove la vittima stava facendo vari tentativi di contattare i congiunti. Poi quando questi era riuscito a prendere la linea, per consentire all’amico di parlare liberamente coi parenti, decideva di allontanarsi di qualche metro. Non tanti, tuttavia, per non accorgersi che nel frattempo, l’omicida, che stava sull’altro lato della strada, impugnando un cacciavite lungo e sottile, si  avvicinava alle spalle della vittima colpendolo violentemente con il cacciavite. Il testimone si produceva anche in un vano tentativo di fermare l’omicida, che però estraeva una pistola puntandogliela contro e, minacciandolo, si dileguava portando via l’arma del delitto. Sulla scorta delle informazioni fornite dal teste venne poi individuato il piccolo fabbricato rurale oggetto della contesa ed elemento scatenante del delitto. Il 28 aprile 2003, l’uomo latitante da subito e contumace ai processi, è stato condannato all’ergastolo dalla Corte d’Assise di Brindisi. La pena è stata poi riformata dalla Corte d’Assise d’Appello di Lecce in 22 anni  di reclusione per il reato di omicidio, minaccia nei confronti del testimone e per porto illegale di arma comune da sparo. L’omicida dall’indole violenta non era nuovo ad eventi del genere, l’anno prima nel 1997, con un alias, a Frosinone, era stato  indagato per tentato omicidio e porto e detenzione di arma atta ad offendere. Nel 1999, da latitante, aveva richiesto asilo nel Regno Unito, fornendo false generalità. Scoperto dalle autorità britanniche, faceva perdere le proprie tracce. Successivamente con altro alias è stato arrestato in Spagna e condannato dal Tribunale di Barcellona alla pena di 18 anni di reclusione per un altro tentato omicidio e possesso illegale di armi, e ristretto nel penitenziario  “Brians 1”  di quella città.
Con l’estradizione dalla Spagna e la notifica, negli uffici dell’Aeroporto di Roma Fiumicino, al condannato del provvedimento restrittivo emesso dalla Procura Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Lecce, da parte dei Carabinieri del Nucleo Investigativo di Brindisi, si mette la parola fine su un grave ed efferato fatto di sangue, perpetrato con inaudita violenza per futili motivi.

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