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Chi ha partita Iva ha diritto alla maternità?

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L’indennità è rivolta anche alle lavoratrici autonome oppure è riservata alle dipendenti? E può essere ceduta a mariti o compagni?

Sei rimasta incinta ma non sei una lavoratrice dipendente? Hai un’attività in proprio, sei una libera professionista e ti stai chiedendo se chi ha partita Iva ha diritto alla maternità? Allora puoi essere ottimista, perché c’è un’indennità Inps che ti spetta, purché tu sia in regola con il pagamento dei contributi previdenziali.

Il diritto alla maternità pagata, dunque, non appartiene soltanto alle dipendenti con contratto subordinato, cioè a chi riceve una busta paga, per intenderci. L’Inps riconosce l’indennità anche ad altre categorie di lavoratrici, come quelle che hanno un’attività artigiana o un negozio, chi lavora come autonoma nel settore agricolo, ecc.

Il trattamento erogato dall’Inps, in termini di durata, è equivalente a quello di chi lavora come dipendente ed interessa anche chi adotta un bambino o chi lo tiene in affido. La retribuzione è pari all’80%. Al periodo di maternità è possibile «attaccarne» un altro di congedo parentale, sempre di durata e di retribuzione simili a quello previsto per le lavoratrici con contratto subordinato.

Potresti anche chiederti se sul diritto alla maternità di chi ha partita Iva incombe la prescrizione: c’è, infatti, un termine massimo entro il quale usufruire di questa indennità. Trascorso quel periodo, non sarà possibile chiederla fino all’arrivo del prossimo figlio.

Diamo risposte a tutte queste domande e vediamo quando ha diritto alla maternità la lavoratrice autonoma, come e a chi deve chiedere l’indennità ed il congedo e a quali condizioni può usufruire di questo beneficio.

Partita Iva e maternità: a chi spetta?

Ha diritto alla maternità chi ha partita Iva e svolge una di queste attività:

  • artigiana;
  • commerciante;
  • coltivatrice diretta;
  • colona;
  • mezzadra;
  • imprenditrice agricola professionale;
  • pescatrice autonoma della piccola pesca.

È fondamentale che la lavoratrice sia in regola con il versamento dei contributi, compresi quelli del periodo di maternità.

Partita Iva e maternità: quanto dura?

Come dicevamo prima, la durata del periodo di maternità per chi ha partita Iva è simile a quella prevista per le lavoratrici dipendenti. L’indennità, infatti, viene riconosciuta per cinque mesi, cioè due mesi prima del parto e per i tre mesi successivi. C’è, però, un particolare non indifferente che distingue la maternità delle lavoratrici autonome da quella delle dipendenti: per avere diritto all’indennità, non occorre astenersiobbligatoriamente dall’attività lavorativa. Significa che la lavoratrice autonoma può percepire l’indennità di maternità anche se ritiene necessario continuare a svolgere il suo mestiere.

Partita Iva e maternità: che succede per affidamenti e adozioni?

La maternità non interessa soltanto la lavoratrice che ha un figlio biologico ma anche la donna che vuole adottarne uno che prende in affido un bambino. In questi casi, chi ha partita Iva ha diritto alla maternità? La risposta è positiva, in questi termini:

  • per l’adozione o l’affidamento nazionale di un minore, la lavoratrice ha diritto all’indennità per i cinque mesi successivi all’effettivo ingresso del minore in famiglia, compreso il giorno stesso dell’ingresso;
  • per l’adozione o l’affidamento preadottivo internazionale, la lavoratrice ha diritto all’indennità per cinque mesi;
  • per l’affidamento non preadottivo, la lavoratrice ha diritto all’indennità per un periodo di tre mesi da usufruire anche in modo discontinuo entro cinque mesi dall’affidamento del minore.

Partita Iva e maternità: quanto si prende?

Il diritto alla maternità di chi ha una partita Iva contempla la possibilità di ricevere un’indennità dell’80% di cinque dodicesimi del reddito percepito e denunciato al Fisco nel secondo anno precedente a quello in cui viene presentata la domanda di indennità.

Inoltre, e nei primi tre anni di vita del bambino, la donna lavoratrice ha diritto ad un congedo parentale di sei mesi, durante i quali può percepire un’indennità pari al 30% della retribuzione.

Se, durante la gravidanza, c’è qualche problema dopo il terzo mese e la donna perde il bambino, la lavoratrice ha diritto ad un’indennità per un periodo di 30 giorni.

Partita Iva e maternità: quali requisiti?

Per avere diritto alla maternità quando si ha la partita Iva, le lavoratrici autonomedelle categorie sopra citate devono essere iscritte alla gestione dell’Inps relativa all’attività che svolgono e, come già segnalato, essere in regola con il versamento dei contributi anche per i mesi che riguardano la maternità.

È possibile usufruire dell’indennità anche quando l’iscrizione alla gestione Inps è stata fatta dopo l’inizio del periodo di maternità. L’assegno spetterà per tutto il tempo della maternità quando l’attività sia iniziata prima del periodo di maternità e l’iscrizione venga richiesta entro i termini di legge, cioè:

  • 30 giorni dall’inizio dell’attività per artigiane e commercianti;
  • 90 giorni dall’inizio dell’attività negli altri casi.

Se l’attività autonoma comincia dopo l’inizio della maternità, si ha diritto all’indennità per il periodo successivo all’avvio dell’attività.

Se, invece, l’iscrizione avviene quando sono stati superati i termini di legge, l’indennità viene corrisposta dalla data in cui è stata presentata la domanda di iscrizione alla gestione di appartenenza.

Come detto, la madre non è costretta a smettere di lavorare durante il periodo in cui percepisce l’indennità di maternità. Dunque, può continuare a fatturare.

Partita Iva e maternità: come fare la domanda?

Premessa importante: la domanda per chiedere l’indennità di maternità quando si ha la partita Iva va presentata dopo il parto e non prima.

Occorre presentare la domanda all’Inps tramite l’apposito servizio che si trova sul portale (inps.it). Servono le credenziali di accesso al sito, cioè il codice Pin.

Una volta avuto il Pin ed effettuato l’accesso al servizio Inps dedicato alla maternità di chi ha la partita Iva, troverai questi servizi:

  • una pagina informativa che descrive quali sono le prestazioni previste per le varie categorie di lavoratrici in caso di parto, adozione o affidamento;
  • una pagina dalla quale potrai scaricare i manuali d’uso per l’acquisizione della domanda;
  • l’acquisizione vera e propria della domanda attraverso la compilazione e l’invio della richiesta di indennità per la rispettiva categoria di attività;
  • la possibilità di controllare lo stato della domanda;
  • la possibilità di annullare la domanda.

In caso di adozione o affidamento preadottivo internazionale, è possibile che venga richiesto di allegare alla domanda la documentazione rilasciata dalla Commissione per le Adozioni internazionali, come l’autorizzazione all’ingresso in Italia del bambino o l’attestazione del suo ingresso in famiglia.

Chi ha la partita Iva e ha diritto alla maternità può fare la domanda anche:

  • attraverso il Contact center dell’Inps chiamando al numero gratuito 803 164 da rete fissa oppure al numero 06.164164 da rete mobile;
  • un ente di patronato o un intermediario dell’Inps.

Partita Iva e maternità: può chiederla il padre?

La neomamma che ha la partita Iva, può «trasferire» il suo diritto alla maternità al proprio marito o compagno in caso di:

  • morte o grave infermità. Se la causa è un decesso, chi rivendica il diritto di paternità deve compilare online la dichiarazione di responsabilità. Se si tratta, invece, di una grave infermità, occorre presentare la relativa certificazione sanitaria in busca chiusa al centro medico legale dell’Inps a mano oppure per raccomandata;
  • abbandono del figlio o mancato riconoscimento del piccolo da parte della madre. Bisogna compilare online la dichiarazione di responsabilità;
  • affidamento esclusivo al padre. Occorre allegare per via telematica alla domanda la copia del provvedimento del giudice comunicando anche gli estremi del tribunale che lo ha emesso.

La durata del periodo di paternità è pari a quello non usufruito dalla madre. Se quest’ultima non è lavoratrice, l’indennità non viene più corrisposta dopo tre mesi dal parto. (Fonte)

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