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Matera, Statue e stele da tutt’Europa in una mostra tra le grotte

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L’arte che riparte in uno dei luoghi simbolo di una città dalla storia millenaria, ovvero l’habitat rupestre della Murgia e che non solo metaforicamente trasmette l’idea di riappropriarsi degli spazi dopo la pandemia. Nei prossimi mesi nel suggestivo scenario delle grotte Bradascio di Madonna delle Vergini, verrà proposta la mostra paneuropea dialoghi con Uomini di pietra, ideata da Giuseppe Barile e curata insieme al direttore della “Rete Sarda dei musei e dei luoghi delle statue-menhir”, Giorgio Murru.

La mostra, dopo aver ottenuto le necessarie autorizzazioni rilasciate dal Dipartimento Ambientale della Regione e dalla Soprintendenza ai Beni storico-paesaggistici della Basilicata, insieme a quella del ‘Settore Gestione del Territorio’ del Comune di Matera, sarà allestita nel santuario rupestre di Madonna delle Vergini. Il santuario, come già detto, si trova nel Parco della Murgia Materana, dichiarato, insieme ai Sassi di Matera, Patrimonio Mondiale dell’Umanità nel 1993, e il cui Ente è tra i promotori dello svolgimento della mostra stessa, insieme al Dipartimento Formazione e Cultura della Regione.

La mostra prevede negli spazi grottali del Parco storico-naturale delle chiese rupestri del Materano l’arrivo di almeno quaranta statue-stele, opere provenienti da vari Stati europei insieme a otto regioni d’Italia, tra cui spiccano la Sardegna e la vicina Puglia, e rappresenta così idealmente il fulcro di una rete che spazia dalle coste atlantiche del Portogallo all’Ucraina, dalla Francia ai Paesi Balcanici, dal cuore della Mitteleuropa fino al Medio Oriente.

«Dialoghi con Uomini di pietra» è una mostra unica, per certo ambiziosa nella sua realizzazione ma che a causa della suggestione derivante dal luogo assolutamente inedito degli spazi grottali di Madonna delle Vergini ha suscitato il consenso unanime dei vari direttori e archeologi incontrati, ognuno dei quali pronto ad offrire, per almeno un anno, le opere testimoniali dell’origine del pensiero e della cultura indo-europea. Dunque, della nostra civiltà.

«Una occasione – sottolinea Giuseppe Barile – che la città non può permettere di disperdere, anche in considerazione della unicità del nuovo contenitore culturale in cui ogni visitatore sarà libero di muoversi, pur con le dovute e ancora ipotizzabili precauzioni di distanziamento sociale, a maggior ragione ove si consideri la valenza economica occorsa negli ultimi anni dal flusso turistico nell’intera nostra regione».

Mimmo Moramarco

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